Talento o allenamento?
Émile Zola scriveva: “L’artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza il lavoro”.
Possiamo essere d’accordo con questa frase, e in particolare con la prima parte così preoccupante?
Dopo anni a contatto con il mondo della musica classica,
non posso non dire che ci siano persone che sembrano naturalmente “avvantaggiate” rispetto ad altre.
Per esempio, al pianoforte, delle mani grandi e delle dita agili sono certamente d’aiuto.
Ancora, alcune persone hanno un ottimo orecchio che le porterà ad avere la vita più facile in formazioni di musica da camera.
Ma tutto questo non basta assolutamente: la vera differenza la fanno la quantità di esercizio e la qualità dello studio.
Per questo spesso i bambini prodigio sono anche bambini che hanno avuto la fortuna di avere degli ottimi insegnanti
che li hanno seguiti fin da subito gestendo al meglio la loro preparazione,
e un contesto familiare già propenso a far di loro dei professionisti.
D’altro canto, un mio insegnante mi raccontava di aver incontrato intorno ai vent’anni un “ex bambino prodigio”
e di averlo superato ad un concorso pianistico.
Insomma, il talento non basta, serve anche lo studio ben guidato, ma alla radice dello studio serve un’altra cosa,
che forse sarebbe da indicare come il talento più autentico:
la passione, la voglia di suonare al di là di tutte le difficoltà.
Come diceva Fanny Mendelssohn, “dev’essere un segno del talento il fatto che io non mi arrenda”.